mercoledì 8 luglio 2020

The Others (2001)

Ho rivisto questo film a distanza di molto tempo, più di un decennio per essere precisi, il ricordo che ne conservavo era un grande film, dalle atmosfere cupe e angoscianti e con un finale sconvolgente, uno di quelli che perderebbe lo stesso effetto in una seconda visione proprio perché costruito in funzione del colpo di scena finale. Rivederlo quindi, mi ha fatto porre più attenzione ai particolari, alla costruzione psicologica dei personaggi, a quella delle scene e a tutti quei risvolti narrativi che "giustificherebbero" il finale. E devo dire che Alejandro Amenábar ha tessuto una tela filmica al dir poco perfetta, la forza del film in realtà non è soltanto nel colpo di scena hitchcockiano, ma nell'esperienza traumatica che ne deriva. "The Others" è un film che parla di anime, anime dannate e ferite, che si trascinano in una realtà ormai abbandonata a se stessa, a causa di una guerra che si è consumata al di fuori delle mura di quella casa, i corpi di Grace Stewart e i suoi due figli continuano a muoversi in un'esistenza cadaverica in cerca di qualche senso che rassicuri la loro vita; l'ostentata devozione religiosa di Grace che tenta rigidamente di inculcare ai figli è un modo per esorcizzare tutte le sue paure, i suoi fallimenti e il suo dolore in un mondo impazzito, ormai andato in malora. L'idea di un paradiso al di là di questa vita diventa l'unica àncora di conforto, un tentativo disperato per trovare pace da un dolore e una malattia, quella dei figli, che hanno preso sopravvento su tutto. Le strane "presenze" che infestano la casa stravolgono le loro vite, ma è solo attraverso esse che possono finalmente prendere coscienza della loro condizione spirituale. Come dice Mrs. Bertha nel finale «a volte il mondo dei vivi e dei morti si mescola, bisogna imparare a conviverci.» 
La bellezza di "The Others" è proprio questa, la costante attesa di qualche cosa che non accade e se accade ci rivela soltanto che è il nostro sguardo a produrre la paura, proprio come nella scena in cui un volto nascosto nell'ombra scruta l'obiettivo, ma che poco dopo si rivela essere soltanto il volto di un quadro quando Grace illumina la stanza. Il film è sorretto dall'interpretazione straordinaria di Nicole Kidman, spesso paragonata a quella di Deborah Kerr in "Suspence", ma a mio avviso quella dell'attrice australiana ha una carica drammatica più profonda, oltre che una capacità davvero singolare nel vivere fisicamente il terrore e l'inquietudine del suo personaggio, sopratutto nell'ultima fase del film. La fotografia cupa e livida di Javier Aguirresarobe crea un'atmosfera tenebrosa magistrale, la scena in cui i tre domestici che emergendo dalla nebbia si fermano dietro la porta d'ingresso invitando la protagonista a parlare con gli "intrusi", potrebbe essere un dipinto di Munch, è proprio come assistere ad un incubo ad occhi aperti. La colonna sonora del film è composta dallo stesso regista e anche se spesso "guida" sentimentalmente i personaggi e le loro azioni, non suona mai di troppo. Alla conclusione del film tante sono le domande, un senso di grande mistero, smarrimento e angoscia permangono. L'unica certezza è che abbiamo assistito a un capolavoro.


Grazie a Midnight Factory il film è disponibile in 4K Ultra HD.

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