martedì 4 dicembre 2018

Pussy Riot: A Punk Prayer! (2013)


Mosca, 21 Febbraio 2012. Nella Cattedrale di Cristo Salvatore, conosciuta come il tempio della Chiesa Ortodossa Russa, tre ragazze con dei passamontagna colorati e armate di chitarra e microfoni hanno dato vita ad una performance musicale aggressiva dalle tinte punk, cantando una canzone intitolata "A Punk Prayer" ("Una Preghiera Punk"):

 Madre di Dio, Vergine, liberaci da Putin! 
 Liberaci da Putin, liberaci da Putin! 

 Tonaca nera, spalline dorate. Tutti i parrocchiani strisciano inchinandosi. 
 Il fantasma della libertà è nei cieli. Il Gay Pride è mandato in Siberia in catene. 
 Il capo del KGB è il loro Santo, una scorta conduce i contestatori in prigione. 
 Per non offendere Sua Santità, le donne devono partorire e amare. 

 Merda! Merda! È merda di Dio! 
 Madre di Dio, Vergine, diventa femminista. 
 Diventa femminista, diventa femminista. 

 La Chiesa elogia delle regole corrotte, un'altra crociata di limousine nere. 
 Un predicatore verrà a trovarti a scuola, va' in classe e portagli i soldi! 
 Il Patriarca crede in Putin, il bastardo dovrebbe provare a credere in Dio! 
 Una cintura di castità non sostituirà la dimostrazione, 
 anche la Vergine Maria si sta unendo alla protesta!

 Merda! Merda! È merda di Dio! 
 Madre di Dio, Vergine, liberaci da Putin! 
 Liberaci da Putin, liberaci Putin!


La performance durò solo 30 secondi, perché le ragazze vennero immediatamente bloccate dai fedeli e dalla polizia. Nel giro di poche ore furono incarcerate, scatenando uno show mediatico di proporzioni internazionali. Il film documentario diretto da Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin ripercorre le sentenze giudiziarie di Mosca, le dichiarazioni e la storia musicale delle tre principali attiviste. Il lavoro dei registi è onesto, ma non particolarmente approfondito sopratutto perché documenta i fatti fino all'Ottobre 2012, ma rimane certamente un docu-film essenziale per conoscere bene la controversa vicenda giudiziaria.
Le Pussy Riot (letteralmente "Vagina Ribelle") sono nate in un preciso contesto storico e politico in Russia, proprio quando nel 2012 ci furono proteste in reazione alla campagna elettorale e i brogli elettorali con cui il primo ministro Vladimir Putin si sarebbe assicurato la rielezione per la seconda volta a presidente della Federazione Russa. I testi delle loro canzoni denunciano espressamente la corruzione, l'autoritarismo, l'estremo nazionalismo e il fondamentalismo religioso messe in pratica delle politiche di Putin. L'esibizione di "A Punk Prayer" costò alle tre ragazze l'accusa di "teppismo premeditato realizzato da un gruppo organizzato di persone motivate da odio o ostilità verso la religione o un gruppo sociale (ovvero, i cristiani ortodossi)". L'accusa così formulata le esponeva alla possibilità di una condanna fino a sette anni di carcere, con un minimo edittale commisurato a due anni. Le tre attiviste hanno sempre affermato di non comprendere l'accusa, perché il testo della canzone non è offensivo nei confronti della religione, ma è una critica al legame tra Stato e Chiesa. Come viene mostrato nel documentario più volte l'attivista Marija Alëchina chiede al giudice di esporre chiaramente l'ideologia politica che è alla base della condanna, ma viene ripetutamente ignorata e offesa. Il fatto giudiziario più incredibile è che l'attivista Ekaterina Samucevič viene tenuta in custodia cautelare per sei mesi anche se non aveva preso parte direttamente alla protesta, in quanto era stata fermata e portata via dall'altare prima che si fosse esibita, come dimostrano le registrazioni della performance. Il 10 Ottobre 2012, quando verrà finalmente scarcerata presenterà un reclamo presso la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, affermando che più volte durante la custodia i suoi diritti sono stati violati (spesso le veniva negato il pasto e anche di dormire). Nadežda e Marija verranno invece condannate a 2 anni di carcere nei campi di lavoro. Nel settembre 2012 Nadežda farà pubblicare una sua lettera nel blog della band dove racconterà  che "le detenute del campo 14 sono costrette a lavorare fino a 17 ore al giorno in una fabbrica che produce uniformi per la polizia" e di essere stata minacciata dal vicedirettore del carcere. In seguito farà anche uno sciopero della fame che la porterà a un ricovero d'urgenza in ospedale. 
Nadežda e Marija verranno scarcerate il 19 Dicembre 2013, anche se Putin si dimostrerà contrario alla decisione della Duma. Nel Dicembre 2013, l'anteprima del documentario dell'HBO è stata persino bloccata dal Dipartimento di Cultura di Putin.
L'operazione Pussy Riot ha funzionato perché dentro la loro rivolta c'è un idealismo sincero di matrice rivoluzionaria marxista e femminista (la madre di Nadežda era una militante comunista). Con le loro proteste hanno buttato giù le maschere della società russa, rivelandone la sua opprimente organizzazione patriarcale. Un patriarcato che storicamente ha avanzato il suo potere "grazie" alla fine del buio e confusionario comunismo sovietico, alimentando le paure verso l'ateismo e verso una laicità svincolata dall'autorità confessionale, promuovendo così il misticismo religioso e rafforzando un nazionalismo sempre più conservatore, reazionario e neofascista. Simbolo di questo sofferto percorso è proprio la Cattedrale di Cristo, che come è ben mostrato nel documentario, fu demolita nel 1931 dalle politiche antireligiose dell'URSS per costruirne una piscina pubblica e che dopo il crollo dell'URSS fu ri-eretta attraverso le donazioni dei fedeli.
La performance delle Pussy Riot ci ricorda che c'è ancora speranza per il cambiamento e che quella Cattedrale potrà un giorno abbracciare il femminismo e lasciarsi finalmente alle spalle il sessismo e l'omofobia, superando tutte le disuguaglianze. Come ci ricorda Vladimir  Majakovskij nell'incipit del film: "l'arte non è solo lo specchio per riflettere il mondo, ma il martello per forgiarlo". 
Uno dei momenti più belli e significativi del film è una dichiarazione di Nadežda durante il processo:

Le tre membri delle Pussy Riot non sono le vere imputate di questo processo. Se lo fossimo veramente, non sarebbe certo così importante. Io, Ekaterina e Marija siamo in prigione, in una cella, ma non ci hanno sconfitte, proprio come i dimostranti sono spariti negli Istituti Psichiatrici e in prigione ma hanno emesso il loro verdetto sul regime. Le Pussy Riot sono un gruppo di arte d'opposizione, un'azione politica che usa forme artistiche. È una forma di attivismo civico contro un sistema politico corporativo che esercita il suo potere contro i diritti umani fondamentali. La Russia non ci condanna e ogni giorno sempre più persone credono in noi. Credono in noi e pensano che dovremmo essere libere. Lo trovo affascinante. La verità trionfa sull'inganno. Siamo più libere noi dei Procuratori, possiamo dire tutto quello che vogliamo. Ogni giorno sempre più persone capiscono che un sistema si accanisce contro 3 giovani donne che si sono esibite per 30 secondi nella Cattedrale di Cristo Salvatore, vuol dire che questo sistema teme la verità che rappresentiamo. In conclusione, vorrei leggervi le parole di una canzone delle Pussy Riot, incredibilmente sono diventate profetiche. Il testo dice: "Aprite tutte le porte, toglietevi le uniformi, venite e assaporate la libertà insieme a noi.


Ma le Pussy Riot non hanno smesso di essere profetiche, da lì in poi le politiche sessiste e omofobe in Russia sono cresciute a dismisura. Proprio nel Giugno 2013 verrà votata dalla Duma una legge che proibisce la distribuzione di materiale propagandistico a sfondo omosessuale rivolto ai minori di 18 anni, in tutto il paese. Ai sensi della legge diventa un atto criminale tenere Pride, parlare in difesa dei diritti degli omosessuali, esporre pubblicamente il triangolo rosa (simbolo dei gay nei campi di sterminio nazisti), distribuire materiale che promuova le istanze delle persone omosessuali o propagandare l'idea che le relazioni tra persone dello stesso sesso siano uguali a quelle etero. (A tal proposito vi rimando a questo mio articolo, dedicato al reportage fotografico di Mads Nissen).
Nell'Ottobre 2016 le Pussy Riot pubblicarono il singolo "Make America Great Again", il video clip della canzone vede Nadežda interpretare una satira su Donald Trump e sulle politiche che questo promuoverebbe se diventasse il presidente degli Stati Uniti, incredibilmente Trump fu davvero eletto come Presidente degli Stati Uniti pochi giorni dopo l'uscita del singolo.


Il regista  Arthur Aristakisyan fu uno dei tanti artisti che si unirono alla protesta per la scarcerazione delle ragazze.

PS: Il film è disponibile in DVD con i sottitoli in italiano su questo link.

2 commenti:

  1. Otpor dice nulla? Niente di più lontano dalla verità tutto ciò che viene propagandato come pussy riot. Soros paga i fantocci obbediscono...

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  2. Le teorie cospirazioniste di un certo modo di fare contro-informazione sul web non mi hanno mai affascinato, come i reazionari che le propagano. Mi interessano più le idee.

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