lunedì 4 ottobre 2010

Lourdes (2009)

La regista austriaca Jessica Hausner affascinata dal mondo dei "miracoli" si dirige realmente a Lourdes e costruisce una messa in scena che è il risultato di un'indagine sulla fede, la malattia e i sentimenti dei pellegrini. Lo fa attraverso la dolcezza della sua protagonista Christine (interpretata da una straordinaria Sylvie Testud), una donna affetta da sclerosi multipla che gli ha provocato una paralisi quasi totale del corpo e che ha deciso di dirigersi a Lourdes per placare la sua sofferenza fisica e interiore. Fin dall'incipit della sala da pranzo, accompagnato dalle note dell'Ave Maria di Schubert, notiamo immediatamente che la Hausner decide di raccontare con un rigore spiazzante la storia: campi vastissimi che sembrano usciti da un film di Jacques Tati e una fotografia dal manto cupo e grigio-azzurro curata dal talentuoso Martin Gschlacht (che già collaborò con la Hausner nel suo precedente film Hotel).
Le parole di Cecile, la dama capogruppo dei volontari di Malta, irrompono il soave canto dell'Ave maria sottolineando la sua missione.

«Anche se solo per qualche giorno aiutiamoli a dimenticare la propria solitudine e trovare un pò di serenità e di sollievo»

Christine viene portata a spasso da una giovane volontaria, che si rivelerà piuttosto incapace di gestire la sua assistenza. A questo proposito p amaramente ironica la sequenza in cui la giovane parla dell'importanza che ha per lei il volontariato mentre Christine comincia ad avere un malore e perdere saliva, senza che la giovane se ne accorga. Così l'altra crocerossina Cécile (interpretata da una straordinaria Elina Löwensohn) interviene portando Christine nella sua stanza ignorando la ragazza. La Hausner è molto attenta nel catturare i silenzi e gli sguardi dei personaggi che ci restituiscono le sfumature più sottili dei sentimenti umani.
Arriviamo alle piscine e immediatamente notiamo che si comincia a parlare di guarigioni miracolose e c'è chi sostiene che spesso siano temporanee. Ci viene immediatamente rilevata l'inquietante verità sui miracoli di Lourdes: solo 66 miracoli in 158 anni sono stati riconosciuti dalla Chiesa Cattolica Romana, mentre altri 7000 non sono stati riconosciuti perché temporanei. Facendo una ricerca si può notare che secondo molti cattolici questi miracoli non appartengono alla "Signora Lourdes". Ma affermando questo, cosa mai vogliono sottintendere?

La Hausner a questo proposito parla chiaro:

«Prima di realizzare il film ho fatto diverse ricerche, volevo capire fin nei minimi dettagli questa favola per adulti che si racconta su Lourdes, un posto in cui si va a pregare e poi si guarisce. E' tutto vero, ci sono stati tanti miracoli non spiegabili dal punto di vista medico ma il mio intento era quello di volgere lo sguardo più in là, tutto quel che accade a Lourdes non vuol dire che Dio vuole fare miracoli per manifestarsi e dimostrarci che esiste e che è buono, è il contrario esatto. Il miracolo è arbitrario, non segue regole, è la cosa più casuale che possa esistere, almeno per me»

Il film mostra il miracolo nella sua oggettiva arbitrarietà.
Entriamo nelle piscine e le note Ich'ruf zu dir, Herr Jesu Christ di Bach sembrano sussurrare la speranza dei malati, l'impatto fotografico di questa sequenza è sempre molto intenso, l'inquadratura fissa sulla tenda bianca che guarda Christine in attesa del suo turno, sprigiona una delicata tensione spirituale.
Il disagio e la sofferenza di Christine ci viene descritto bene nella sua confessione con il prete dove ammetterà di provare invidia per gli altri e di non riuscire ad accettare la sua malattia. Il prete le appunta con la solita frase retorica: la felicità non è solo nell'uso delle gambe e per permettere una guarigione miracolosa bisogna prima guarire la propria anima.
La sofferenza dei malati ci viene descritta bene anche in un lunghissimo piano-sequenza, quello della scena della benedizione, dove ritornano le note dell'Ave Maria di Schubert. L'uso insistente del piano-sequenza e il campo lungo, dove tutti i malati alzano timidamente la mano per essere benedetti, dona una forte drammaticità alla sequenza perché esprime una sofferenza corale.


Incredibile sarà il seguito del film, Christine dopo un'altro bagno nelle piscine comincerà a muovere gli arti superiori. Nella stessa notte, gradualmente, riuscirà ad acquisire il controllo di tutto il corpo. Il miracolo è avvenuto,  ma nel mentre scopriamo Cécile svenire e mostrare i sintomi della sua incurabile malattia, qualcuno sussurra che era diventata volontaria a Lourdes da molti anni per sperare in una guarigione. La Hausner con questo espediente mostra il miracolo di Christine da un punto di vista opposto alla sua esperienza soggettiva, in questo modo ciò che ci appare e sentiamo visivamente nel film è vero perché viene dalla stessa materia di cui è fatta la natura, in tutte le sue leggi favorevoli-contrarie.
Sembra proprio che l'improvvisa guarigione di Christine susciti non poco interesse a Lourdes, c'è chi spera che sia definitivo e c'è chi grottescamente si complimenta con lei facendole un applauso. È un evento eccezionale per tutti i fedeli e i malati che difficilmente riescono a comprendere e ad accettare davvero.
C'è una meravigliosa sequenza accompagnata con le note della Toccata in fuga di Bach che esprime visivamente questa condizione di sorpresa e incertezza:
Christine è seduta su una panchina con il bastone in mano, davanti ad essa c'è un'enorme colonna che riempie d'ombra metà del campo visivo. In una prima inquadratura più ampia oltre l'ombra c'è una luce, nella successiva più stretta ci mostra Christine sola con l'ombra, impossibilitata di guardare la luce posta al di là dell'ombra. É chiaro che la luce rappresenta la salvezza, che è ancora lontana agli occhi della miracolata.


Intanto Christine prende il posto di Cécile nel viaggio in montagna e qui veniamo immersi totalmente in un'atmosfera stranamente onirica. C'è uno strano silenzio e stupore tra tutti i personaggi, c'è la donna malata di eczema che chiede al prete perché proprio lei è stata miracolata e c'è l'anziana, compagna di stanza di Christine, solita a portarla sempre con la sedia a rotelle e che ora non ha più motivo di sentirsi utile. Vaga sola tra i paesaggi naturali in cerca disperatamente della miracolata, mentre quest'ultima si isola con il capogruppo dei volontari scambiandosi un bacio.
Molto efficaci sono la serie di inquadrature a campo lunghissimo che amplificano la solitudine esistenziale dell'anziana e donano poesia al bacio fuggente tra Christine e il volontario.
Il film fino a questo punto non è neanche tanto male, è equilibrato, delicato, ha delle tinte leggermente ironiche, altre tonalità più ambigue, ma sono momenti lievi e privi di pathos. Ma gli ultimi dieci minuti del film sono potenti.


«Uno... due... il signore sia con voi..."
"..e con il tuo spirito"

La macchina da presa inquadra seccamente il prete al centro di una scenografia ornata di pavimentazione nera, tende nere, bandierine rosse e palloncini decorati con il simbolo dell'ordine di Malta. Al centro di questa atmosfera inquieta e sconfortante, le parole del discorso enunciato dal prete assegnano al miracolo di Christine tutta la retorica cristiana della misericordia e dell'onnipotenza di Dio.

«E questo cosa significa per noi? Che Dio non ci ha abbandonato, che ci veglia e ci ama. E che manifesta la sua presenza. Lui ci dice: Tu non sei più solo»

C'è qualche perplessità tra gli sguardi stanchi dei malati, ma gli applausi rompono il disagio. Christine va avanti e ringrazia tutti, cerca di rassicurare che per lei questa guarigione ha un senso, poi le viene assegnato il premio come migliore pellegrino dell'anno! Che esiste davvero a Lourdes e che riduce il miracolo in una forma di espressione idolatrica e non morale. Serpeggia qualche umana invidia tra i malati durante la premiazione. Anche qui l'uso del campo lungo e la profondità di campo è visivamente spiazzante. La Hausner dipinge queste atmosfere in maniera cruda e straniante, aprendo uno squarcio tra i malati e i sani, tra i paralizzati e chi ha il pieno uso delle gambe. Così dà voce alla solitudine di un'anziano paralizzato e dà avvio alle danze con un'eleganza crudele. 
Si continua con il ballo di Christine accompagnata dal volontario di Malta, nel mentre lo sguardo dell'anziana osserva in maniera desolante il premio del miglior pellegrino. Improvvisamente succede qualcosa di imprevisto, una vera e propria "sorpresa hitchcockiana": Christine inciampa e cade bruscamente a terra. Tutti irrigidiscono. Il volontario la invita a sedersi, ma Christine sa che quella è la sua unica occasione per riscattare la sua vita e insiste nel rimanere in piedi. Il silenzio del volontario è un duro colpo al cuore per la miracolata, sembra che lui non veda l'ora di liberarsi di lei, dopotutto cosa può farne di una donna che presumibilmente tornerà paralizzata e sarà incapace di proliferare? Arriva grottescamente in aiuto l'anziana che accorre Christine portandole la sedia a rotelle, rompendo il disagio tra lei e il volontario. L'anziana può ora ritornare nel suo ruolo e compensare la sua solitudine, mentre il volontario lascia Christine sapendo che ora non è più sola.
La Hausner riduce spietatamente a picco il divario tra egoismo e carità: tutti agiscono per il bene proprio anche quando agiscono per il bene degli altri, ma la Hausner ci dice di più e cioè che il bene che si crede di dare agli altri non è neanche poi così vero come ci appare. Anzi, non lo è affatto. Quella dell'anziana è stata definita da molti critici come carità cristiana e film ne assegna un valore morale assolutamente relativo.
C'è chi intanto a un tavolo si pone delle domande: perché Dio dev'essere così crudele nel dare una guarigione temporanea? (sempre se la caduta di Christine indichi una recrudescenza della malattia). Qualcuno le risponde che in realtà non è Dio ad aver voluto quel miracolo. Si continua e si arriva a chiedersi "Ma allora chi?" Bresson citerebbe ironicamente: "Il diavolo probabilmente!".


Intanto si solleva il sottofondo della canzonetta "Felicità" di Albano e Romina, e arriva la "vendetta" della giovane volontaria che euforicamente la canta, conscia del fatto che il volontario ha appena abbandonato Christine. Spesso al film è stata accostata l'ironia di Luis Buñuel, il problema è che in Buñuel è così esplicita e diretta che svolge una funzione diversa all'interno della storia, nella Hausner l'ironia galleggia dentro i silenzi dei personaggi ed più al servizio del dramma che non nella denuncia clericale in sé.
L'ultimo piano-sequenza fa del film un capolavoro, lo sguardo della macchina da presa è parossistico, sembra scrutare nell'ombra di un mondo che fin troppo spesso non vogliamo guardare, se non ignorare. È il mondo della solitudine dei malati, della loro immobilità, della loro sofferenza, della colpa di essere "diversi". È qui che la Hausner fa una cosa straordinaria, riempie questa immagine desolante, di un'energia trascendente. Christine è in netta contrapposizione all'anziana che si è appropriata della statuetta del migliore pellegrino, credendo di star facendo la cosa giusta. La statuetta rappresenta solo il simbolo dell'impalcatura idolatrica che domina nella cultura cattolica. Christine invece, schiacciata dal rifiuto e dell'indifferenza dei "sani" e non meno dall'ignoranza dei "cattolici" che si aspetterebbero un miracolo "perfetto" da Dio, si posa di nuovo sulla sua sedia a rotelle, lacerando di rassegnazione ma con un nuovo sguardo verso il mondo, la vita. Riesce ad assumere con leggerezza il peso di una volontà creatrice e rinnovatrice. In tutto questo non c'è nessun Dio che osserva e che con il suo indice "sceglie" chi salvare, c'è un'evidente negazione di divinizzare il miracolo che come afferma la regista altro non è che «l'evento più causale al mondo». Invece di pregare che il miracolo duri, Christine accetta la sua attuale condizione al di là di quello che accadrà. Il futuro non è più rappresentato dall'attesa di una salvezza come nella "promessa" cristiana, ma è sostituita dalla forza del presente come unica fonte di risorsa e ricchezza. Christine non ha più bisogno di Lourdes, perché diventa consapevole della non finitezza della vita e della relatività della salvezza rispetto ai programmi della società edonistica e della sua morale cristiana.


L'ultimo piano-sequenza richiama la sequenza della panchina in cui l'immagine è divisa a metà, qui vediamo l'anziana e Christine poste nella metà destra del campo visivo. Christine ha una camicia bianchissima che cattura percettivamente l'occhio dello spettatore, nel momento in cui si sposa per sedersi sulla sedia a rotelle varca la metà dell'inquadratura entrando nell'altra metà oscura, affermandosi lì con la "sua" luce.
Tutto ciò che conta è la sua presenza e disponibilità al mondo.



Il film è disponibile in DVD nella sua versione italiana, ma consiglio l'acquisto del BLU-RAY edito dall'Artificial Eye.

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